"Lasciate che chi non ha voglia di combattere se ne vada. Dategli dei soldi perche' acceleri la sua partenza, dato che non intendiamo morire in compagnia di quell'uomo. Non vogliamo morire con nessuno ch'abbia paura di morir con NOi!"
Enrico V-William Shakespeare

domenica 26 luglio 2009

Le ragioni dei credenti

Questa volta tocco un argomento molto delicato ma di cui nessun politico serio ne vuole parlare, tranne quando si vogliono alzare delle barricate e quindi non risolvere il problema.
Parlando di me premetto che non sono un cattolico praticante,molto poco credente (rifiuto il termine "Fede in Dio") e in ogni caso la politica non deve avere nulla a che fare con la religione.
Ma qui non si parlerà delle ragioni dei credenti o dei religiosi, ma delle ragioni dei cattolici che fanno politica.
Per parlare di questo farò riferimento ad uno dei filosofi contemporanei a me più cari e più stimati del nostro secolo (anche del precedente visto che ha 80 anni!) J.Habermas.


Egli afferma che è un dovere ,da parte della politica laica ascoltare le ragioni dei cattolici traducendone i contenuti in termini laici ovviamente.Tradurre in termini laici le ‘intuizioni’ e le ‘ragioni’ che il cittadino religioso sa esprimere solo in termini comprensivi della sua esperienza di fede.


Faccio io un esempio:
I cattolici sono contro l'aborto, bene ne discutiamo. Tradurre in termini laici, in questo caso significherebbe che io stato devo legiferare tenendo conto di questo.
Significa una legge come quella che c'è, permettere al dottore di porre obiezione di coscienza (la sua etica) ma salvaguardare il diritto della donna (aborto favorevole).
Ogni individuo è libero di decidere. Ma un potenziale di verità c'era pure nei soggetti cattolici, la libertà di non far abortire.
Il problema si ripresenta infatti sotto l'aspetto del linguaggio. Il cittadino senza fede religiosa è tenuto a riconoscere un ‘potenziale di verità alle immagini religiose del mondo’”.
Non nego che un problema ci sia e che la fede, ogni tipo di fede, non solo in Dio, ma anche nell’onnipotenza conoscitiva dei numeri e delle scienze naturali, ponga dei problemi.
La fede nella ricerca scientifica senza limiti e illimitatamente applicabile configura un pensiero e una prassi sottratti al giudizio razionale, giudicante cioè non solo l’adeguatezza dei mezzi ma anche l’accettabilità dei fini. Esistono vari tipi di fedi e di dogmatismi.
Gli stessi cittadini laici, in altri termini, dovrebbero aver interesse a confrontare forma e contenuto delle proprie convinzioni con il “potenziale di verità” racchiuso nel linguaggio religioso: anche se questo linguaggio non è immediatamente e facilmente traducibile nel linguaggio della razionalità atea e in quello delle costituzioni liberal-democratiche o delle social-democrazie avanzate.
Ovviamente il problema si presenta in Italia,la cultura e la politica cattolica ha dominato per 50 anni con risultati molto ambigui. Non tenere conto di questi 50, però, sarebbe un grave errore e provocherebbe ulteriori divisioni in un paese che di barriere e barricate ne è un po' stanco.
Un vero paese laico saprebbe come tradurre in termini laici i contenuti di verità del mondo cattolico.

Lorenzo


4 commenti:

  1. Ottima analisi politico filosofica.
    Mi piace " tradurre in termini laici tradurre le intuizioni e le ragioni che il cittadino religioso sa esprimere solo in termini comprensivi della sua esperienza di fede"

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  2. "Un vero paese laico saprebbe come tradurre in termini laici i contenuti di verità del mondo cattolico"....aggiungo : perchè il compito di un politico è esattamente questo, non imporre ai credenti ciò che vogliono i non credenti e viceversa, ma deve essere tanto responsabile da rendere una legge tale da non creare seri malcontenti da una parte o dall'altra.
    Semplice e preciso l'esempio che hai fatto usando la legge sull'aborto.

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