"Lasciate che chi non ha voglia di combattere se ne vada. Dategli dei soldi perche' acceleri la sua partenza, dato che non intendiamo morire in compagnia di quell'uomo. Non vogliamo morire con nessuno ch'abbia paura di morir con NOi!"
Enrico V-William Shakespeare

giovedì 14 gennaio 2010

Italia.. italiani!!!



Riassunto delle puntate precedenti: la Corte costituzionale era una vergognosa istituzione dominata dai comunisti, visto che i suoi membri erano stati nominati da presidenti della Repubblica comunisti e seguiva principi comunisti, come quello che ha portato alla bocciatura del Lodo Alfano. Da ieri, è vero l’esatto contrario: la Corte è buona, e i suoi dettami vanno applicati con decreti legge vista la massima urgenza di applicazione di ciò che decide.
Le ragioni? Bisogna trasformare in un decreto legge una sentenza della Consulta del 14 dicembre 2009, scritta da Giuseppe Frigo, portato nella carica di alto giudice appena pochi mesi fa dall’avvocato del premier Niccolò Ghedini.

La Corte dice che se il pm ha contestato all’imputato una nuova accusa durante il dibattimento costui ha il diritto di chiedere il rito abbreviato e di farlo godendo di una sospensione congrua per pensarci bene.
Legge retroattiva, che riguarda appieno le inchieste milanesi in cui, sia per Mills che per Mediaset, c’è stata una nuova accusa mossa dalla procura.

Certo, in tutto ciò si dimentica che le sentenze della Corte si applicano senza bisogno di traduzioni legislative, come scrive Stefano Cappellini sul Riformista di oggi. E anche del presidente della Repubblica, che, riferisce Liana Milella, del decreto nulla sapeva (Berlusconi si era dimenticato di informarlo durante l’incontro di lunedì), e non ha intenzione di firmarlo così com’è: “Il presidente lo firma solo se le sue correzioni saranno accolte. Innanzitutto quella sulla durata della sospensione, da tre mesi a 45 giorni. Berlusconi si ferma.

Il decreto, che fino a quel momento veniva dato per certo per il Consiglio dei ministri di oggi, viene frenato. Si studiano soluzioni alternative, come inserire la norma in uno dei decreti in scadenza, il milleproroghe o quello sulle procure disagiate, ma balza subito all’occhio che la materia è disomogenea.
Poi si scandaglia la via di infilarlo come emendamento al processo breve o al legittimo impedimento.
Ma i tempi sarebbero troppo lunghi e la norma stessa inutile per gli scopi di un Berlusconi che vuole gestirsi in tutta tranquillità, con i dibattimenti congelati, la sua campagna elettorale“.

Stavolta però a salvare capra e cavoli arriva un ospite inatteso: Gianfranco Fini. “S’incontra con Giulia Bongiorno, alle prese nella commissione Giustizia, che presiede, col legittimo impedimento - scrive sempre la Milella – I due esaminano il testo che, nel frattempo, Ghedini si è precipitato a sottoporle. Decidono che, riveduto e corretto, alla fin fine attua una sentenza della Consulta. Tra le norme ad personam non può ottenere la palma di quella peggiore, anche se è stata prodotta solo perché c’è di mezzo Berlusconi, il quale d’improvviso riscopre l’importanza della Consulta, che pure ha accusato di essere un’emissaria dei comunisti per la bocciatura del lodo Alfano. Il testo ritorna al Quirinale dove Napolitano decide di dare un segnale di pacificazione. E dà il via libera”.


Oggi il consiglio dei Ministri dovrebbe esaminare ed approvare il decreto, che quindi verrà mandato al presidente della Repubblica per la firma. Se davvero Napolitano lo firmerà, la maggioranza avrà 45 giorni di tempo per approvare le norme sul processo breve e chiudere definitivamente i conti con la giustizia italiana. Che fortuna, eh?

Fonte: Giornalettismo
giovedì 14 gennaio 2010

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