La Corte dice che se il pm ha contestato all’imputato una nuova accusa durante il dibattimento costui ha il diritto di chiedere il rito abbreviato e di farlo godendo di una sospensione congrua per pensarci bene.
Legge retroattiva, che riguarda appieno le inchieste milanesi in cui, sia per Mills che per Mediaset, c’è stata una nuova accusa mossa dalla procura.
Certo, in tutto ciò si dimentica che le sentenze della Corte si applicano senza bisogno di traduzioni legislative, come scrive Stefano Cappellini sul Riformista di oggi. E anche del presidente della Repubblica, che, riferisce Liana Milella, del decreto nulla sapeva (Berlusconi si era dimenticato di informarlo durante l’incontro di lunedì), e non ha intenzione di firmarlo così com’è: “Il presidente lo firma solo se le sue correzioni saranno accolte. Innanzitutto quella sulla durata della sospensione, da tre mesi a 45 giorni. Berlusconi si ferma.
Il decreto, che fino a quel momento veniva dato per certo per il Consiglio dei ministri di oggi, viene frenato. Si studiano soluzioni alternative, come inserire la norma in uno dei decreti in scadenza, il milleproroghe o quello sulle procure disagiate, ma balza subito all’occhio che la materia è disomogenea.
Poi si scandaglia la via di infilarlo come emendamento al processo breve o al legittimo impedimento.
Ma i tempi sarebbero troppo lunghi e la norma stessa inutile per gli scopi di un Berlusconi che vuole gestirsi in tutta tranquillità, con i dibattimenti congelati, la sua campagna elettorale“.
Stavolta però a salvare capra e cavoli arriva un ospite inatteso: Gianfranco Fini. “S’incontra con Giulia Bongiorno, alle prese nella commissione Giustizia, che presiede, col legittimo impedimento - scrive sempre la Milella – I due esaminano il testo che, nel frattempo, Ghedini si è precipitato a sottoporle. Decidono che, riveduto e corretto, alla fin fine attua una sentenza della Consulta. Tra le norme ad personam non può ottenere la palma di quella peggiore, anche se è stata prodotta solo perché c’è di mezzo Berlusconi, il quale d’improvviso riscopre l’importanza della Consulta, che pure ha accusato di essere un’emissaria dei comunisti per la bocciatura del lodo Alfano. Il testo ritorna al Quirinale dove Napolitano decide di dare un segnale di pacificazione. E dà il via libera”.
Oggi il consiglio dei Ministri dovrebbe esaminare ed approvare il decreto, che quindi verrà mandato al presidente della Repubblica per la firma. Se davvero Napolitano lo firmerà, la maggioranza avrà 45 giorni di tempo per approvare le norme sul processo breve e chiudere definitivamente i conti con la giustizia italiana. Che fortuna, eh?
Fonte: Giornalettismo
giovedì 14 gennaio 2010
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