«Salari differenziati dai nuovi contratti
o saltano gli sgravi alle retribuzioni»
Sacconi: non vogliamo le gabbie, anche la Lega è per il modello delle intese decentrate
Il ministro del Welfare: l’accordo tra imprese e sindacati va attuato. Sul banco di prova i negoziati per metalmeccanici e chimici
Un disegno del ministro Sacconi |
ROMA — Per parlare con Maurizio Sacconi dell'autunno non si può prescindere da quanto ha detto al Corriere a Ferragosto il sociologo Giuseppe De Rita, convinto che quella stagione sarà «decisiva» per il breve e per il lungo periodo, ma pure che è illusorio credere nella virtù taumaturgica delle grandi riforme. «Ha ragione. Per la sopravvivenza oggi e la crescita domani servono atti e cambiamenti più concreti e profondi delle riforme legislative», sostiene il ministro del Welfare. Secondo De Rita il berlusconismo si sta sfarinando.
«In quel punto della sua bella intervista, che peraltro riconosce i meriti del governo nella crisi, sbaglia quando risolve il berlusconismo con il richiamo alla libertà e responsabilità individuali. Nel centrodestra è maturata la consapevolezza che occorrono risposte collettive ai bisogni ma, come dice De Rita, non necessariamente statuali. Per questo è in noi diffuso il riferimento alla sussidiarietà ovvero alla capacità di fare sviluppo mobilitando le tante espressioni della comunità, dalle famiglie alle parti sociali, al terzo settore. E ciò è tanto più vero nel momento in cui dovremo saper crescere con il doppio vincolo del debito pubblico e del declino demografico. Non a caso nell'agenda dell'autunno avrà grande rilievo il capitale umano, in tutte le sue forme». Tema che qui non va molto di moda, a giudicare almeno da come (non) funziona la formazione. «L'integrazione fra apprendimento e lavoro è fra i problemi da affrontare». La Confartigianato dice che nonostante la crisi ci sono imprese che non riescono a trovare manodopera. «Appunto, si è persa la cultura del lavoro come parte fondamentale del processo educativo. In passato un giovane universitario poteva impiegare parte dell'estate a lavorare. C'era una giusta fretta nel lavorare, oggi c'è una propensione opposta » .
Ci stiamo rammollendo? «No, per fortuna. C'è in alcuni segmenti giovanili, e non per loro colpa, minore disponibilità al lavoro manuale e alla fatica: vanno corretti i percorsi educativi. Con il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini realizzeremo una cabina di regia per integrare apprendimento scolastico e lavoro, rafforzando il progetto Excelsior Unioncamere per individuare il fabbisogno di specifiche professionalità. Ma vogliamo anche dare valore agli uffici di placement nelle scuole e nelle università». Uffici di collocamento direttamente a scuola? «Qualcosa di meglio: sono canali di comunicazione fra istituzioni educative e imprese. Si tratta di estenderli e rafforzarli. La legge Biagi, per esempio, ha introdotto un meccanismo, ancora realizzato in forma molto di nicchia, per conseguire titoli di studio con contratti di apprendistato in aziende convenzionate con le università».
Nella lista dei problemi da affrontare ci sono anche i salari più bassi d'Europa? «Una giusta distribuzione della ricchezza si fonda sul riconoscimento dei meriti e dei bisogni. I salari vanno differenziati perché non siamo uguali. Il banco di prova autunnale, con i primi contratti di metalmeccanici, alimentaristi, chimici e comunicazioni, sarà l'attuazione dell'accordo sottoscritto da tutti tranne che dalla Cgil. Meno il contratto nazionale sarà invasivo, più ci sarà spazio per il contratto aziendale, detassato al 10%». Ma la Lega chiede paghe diverse al Nord e al Sud, evocando le gabbie salariali di 50 anni fa. «La Lega è d'accordo con il nuovo modello. Nessuno ha parlato di gabbie salariali, meccanismo centralistico fissato per legge. Se il contratto si decentra, ineluttabilmente è più sensibile alle differenze di costo della vita e di produttività. Il punto vero è che sindacati e imprese, dopo aver firmato l'accordo, non possono cedere. Siamo rispettosi dell'autonomia delle parti, ma non indifferenti agli esiti». Vale a dire? «Abbiamo messo sul piatto la detassazione del salario variabile. Ma nella misura in cui le parti la usano: altrimenti dovremmo ripensarci. In autunno ci devono dimostrare che l'egualitarismo non rientra dalla finestra dopo essere uscito dalla porta. Ne va della produttività e soprattutto del riconoscimento del diritto dei lavoratori a una giusta retribuzione. In questo ci confermiamo una coalizione laburista » .
Centrodestra di sinistra? «Certamente attenta anche ai bisogni a partire dalla tutela di chi è costretto all'inattività con risorse per gli ammortizzatori sociali che confermo essere più che sufficienti. Faccio inoltre notare che questo governo ha introdotto la carta acquisti per la povertà assoluta. Ricordo — a chi con la puzza sotto il naso ha deriso gli 80 euro a bimestre — che stiamo per la prima volta individuando la platea del bisogno assoluto. E abbiamo creato un canale di comunicazione fra questa platea, le istituzioni e i donatori privati. Perché l'obiettivo del governo è anche stimolare la cultura del dono. Perché aiutando gli ultimi anche con la carità rafforziamo pure la comunità. Vede come la sussidiarietà torna continuamente?». Come si stimola il dono in un Paese dove i contributi alle organizzazioni benefiche sono fino a 51 volte meno favoriti fiscalmente rispetto ai fondi versati alla politica? «Certamente con interventi di defiscalizzazione. Ma anche con l'implementazione e la stabilizzazione dell'ottima idea tremontiana del 5 per mille. Peraltro abbiamo parlato di una nuova stagione costituente per il terzo settore. Il principio è sempre lo stesso: senza la sussidiarietà non si va da nessuna parte. Guardi i servizi per l'infanzia».
Meglio di no. In questo siamo quasi ultimi nel continente. «Ebbene, noi vogliamo portare quei servizi a livelli superiori al 30%, ma ciò non si realizza solo con le strutture tradizionali, come gli asili nido pubblici e privati. Con la collega Mara Carfagna pensiamo a un grande piano di diffusione delle cosiddette mamme di giorno, termine mutuato dall'esperienza delle tagesmutter altoatesine. L'idea è quella di remunerarli attraverso i vaucher, i buoni prepagati. Ma sottolineo anche che il tema della natalità, come più in generale quello dello sviluppo umano, non può essere disgiunto da tutto ciò che riguarda il valore della vita». Il valore della vita? «Certamente. Sulla bioetica tutto il governo ha avuto finora posizioni laicamente unitarie, a volere difendere e attuare la legge 194 e rigorosamente verificare la compatibilità della pillola Ru486 con la legge stessa. Proprio perché riteniamo che si debbano salvaguardare i criteri che hanno evitato la solitudine della donna di fronte al dramma dell'interruzione di gravidanza. E per la regolazione della fine di vita tutto il governo si è espresso a favore del diritto inalienabile all'alimentazione e all'idratazione per chi non è autosufficiente. A questo proposito, per attenuare la conflittualità parlamentare, potremmo ipotizzare l'immediata approvazione di queste norme rinviando a soluzioni più condivise quelle relative alle dichiarazioni anticipate di trattamento».
Ma cosa c'entra questo con il capitale umano? «C'entra, eccome. Il valore della vita è il presupposto necessario del vitalismo economico e sociale » . Paesi con regole assai diverse, come l'Olanda, non sono certo sottosviluppati. «Come il calvinismo è stato alla base dello spirito capitalistico di quel Paese, così i valori della nostra tradizione hanno sostenuto la diffusa impresa familiare » . Magari gli ospedali italiani funzionassero come lì. «Nel tema del capitale umano rientra anche lo stato di salute. A settembre riprende il tema delle Regioni commissariate e dei subcommissari, cioè i tecnici che saranno nominati per gestire in concreto i commissariamenti, e della verifica delle altre regioni. C'è un problema grosso di tutto il Centro Sud, che spesso non conosce la medicina del territorio e, in essa, il ruolo della famiglia e del volontariato. Anche per questo motivo si spende molto di più e si ha molto di meno. Qui emerge in tutta la sua drammaticità il problema del Sud, che spesso significa incapacità delle classi dirigenti di fare buona amministrazione ordinaria».
Del resto, finché i primari saranno nominati in base alle tessere di partito... «La competenza sulla sanità è regionale. Noi appoggiamo le proposte legislative tese a rafforzare la oggettiva valutazione dei curricula dei candidati a direttore generale e a primario. Ma il commissariamento non è uno scherzo: è l'anticamera del fallimento politico». Sempre che poi i politici commissariati non vengano addirittura promossi. «Sono d'accordo. Nel Sud non mancano le intelligenze, dobbiamo soltanto affermare con il federalismo fiscale nuove regole del gioco nel segno della responsabilità. E non c'è migliore deterrenza dell'esautoramento di chi ha sbagliato. Con il ritorno alle urne e l'ineleggibilità degli amministratori falliti » .
Sergio Rizzo
24 agosto 2009
Fonte Corriere della Sera
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