"Lasciate che chi non ha voglia di combattere se ne vada. Dategli dei soldi perche' acceleri la sua partenza, dato che non intendiamo morire in compagnia di quell'uomo. Non vogliamo morire con nessuno ch'abbia paura di morir con NOi!"
Enrico V-William Shakespeare

giovedì 10 settembre 2009

Sepulveda

Al festivaletteratura di Mantova di scena gli scrittori esuli e migranti

Sepulveda e la sua vita da rifugiato: «La mia America spera più dell’Europa»

Il sogno di Atiq Rahimi, autore nato a Kabul e scappato a Parigi: così l’Afghanistan può rinascere

Luis Sepulveda (Fotogramma)
Luis Sepulveda (Fotogramma)

MANTOVA - Mantova, città di “migranti”. Scrittori migranti, un tempo esuli: dal cileno Luis Sepulveda oggi di casa in Spagna all’afghano Atiq Rahimi, residente a Parigi, accorsi al Festivaletteratura a incontrare lettori e appassionati. In duemila hanno accolto l’autore di “Storia di una gabbianella” nella prima serata della kermesse. Scappato dal Cile di Pinochet, l’ex guerrigliero si è rifugiato in Europa, prima ad Amburgo e poi a Gijon, in Spagna facendo della sua lingua vera “patria”. Il suo ultimo romanzo, “L’ombra di quel che eravamo” (Guanda), è la storia della sua generazione per anni schiacciata dalla dittatura, che ha patito il carcere e ha visto infranti i propri sogni, ma che ancora cerca il riscatto. «In America Latina la gente ha più speranza che in Europa – dice - Lula ha fatto fare passi da gigante al Brasile, con Michelle Bachelet presidente il Cile ha recuperato una normalità di cittadinanza. In Italia invece molti hanno smesso di essere cittadini per diventare telespettatori». Anche se per lui il vento è tornato a soffiare al di là dell’oceano, per ora Sepulveda non pensa di rimpatriare.

RAHIMI - Così come non pensa di tornare a vivere in Afghanistan Atiq Rahimi, scrittore e regista nato a Kabul e scappato a Parigi negli anni dell’invasione sovietica, vincitore l’anno scorso del premio Goncourt con il suo primo romanzo in francese, ora tradotto in italiano, “Pietra di pazienza” (Einaudi). «Ho cominciato a scrivere in francese quando non mi sono più sentito in esilio – racconta -. Dopo la caduta del regime talebano ho potuto rimettere piede nel mio Paese e sono riuscito in qualche modo a prendere le distanze dalla mia lingua materna di cui prima non riuscivo a fare a meno: rappresentava l’unico legame con le mie origini e la mia cultura».

Alessandra Muglia
10 settembre 2009
Corriere Della Sera

In Italia molti hanno smesso di essere cittadini sono solo telespettatori

Nessun commento:

Posta un commento