"Lasciate che chi non ha voglia di combattere se ne vada. Dategli dei soldi perche' acceleri la sua partenza, dato che non intendiamo morire in compagnia di quell'uomo. Non vogliamo morire con nessuno ch'abbia paura di morir con NOi!"
Enrico V-William Shakespeare

domenica 22 novembre 2009

l'Appello


Appello di LIBERA: No alla vendita dei beni confiscati


Appello di Libera:
No alla vendita dei beni confiscati

di Giuseppe Giulietti

Potranno i mafiosi, magari attraverso un presta nome, riacquistare i beni che poliziotti e magistrati erano riusciti a sequestrare e a restituire all'uso pubblico?

Sì, potranno farlo se e quando la camera dei deputati, con la centesima votazione di fiducia, darà il via libera alla finanziaria che, incredibilmente, contiene una norma che prevede la possibilità di mettere all'asta i beni e i terreni sequestrati a mafiosi e camorristi.

Non occorre essere un esperto del ramo per comprendere come e in quali condizioni potrebbero svolgersi tali aste in territori letteralmente dominati dalle organizzazioni criminali e dai loro protettori nelle istituzioni. Non a caso la legge fortemente voluta da Pio La Torre, il dirigente comunista ammazzato dai mafiosi, disponeva non solo il sequestro, ma anche la possibilità di assegnare i beni alle cooperative giovanili, a quelle associazioni che si battono per la legalità, a quanti non si sono mai arresi di fronte alle minacce e alle intimidazioni; in questo modo le terre di "cosa nostra" sono tornate ad essere "cosa nostra", cioè un bene pubblico da amare, da proteggere, da coltivare, da far fruttare, nel senso pieno del termine.

Le ragazze e i ragazzi di Libera, l'associazione presieduta da don Luigi Ciotti, ha inviato a tutti i blog e a tutti i siti una lettera appello che non solo pubblichiamo volentieri, ma ci permettiamo di chiedere a tutti di farla girare e di raccogliere firme.

Probabilmente i promotori della giornata del 5 dicembre ci hanno già pensato, ma sarebbe "cosa buona e giusta" invitare uno di questi ragazzi a leggere l'appello dal palco, per quanto ci riguarda, come Articolo 21, anche in quella occasione organizzeremo dei tavoli per la raccolta di firme.

Giuseppe Giulietti

L'appello di Libera

Tredici anni fa, oltre un milione di cittadini firmarono la petizione che chiedeva al Parlamento di approvare la legge per l'uso sociale dei beni confiscati alle mafie. Un appello raccolto da tutte le forze politiche, che votarono all'unanimità le legge 109/96. Si coronava, così, il sogno di chi, a cominciare da Pio La Torre, aveva pagato con la propria vita l'impegno per sottrarre ai clan le ricchezze accumulate illegalmente. Oggi quell'impegno rischia di essere tradito. Un emendamento introdotto in Senato alla legge finanziaria, infatti, prevede la vendita dei beni confiscati che non si riescono a destinare entro tre o sei mesi. E’ facile immaginare, grazie alle note capacità delle organizzazioni mafiose di mascherare la loro presenza, chi si farà avanti per comprare ville, case e terreni appartenuti ai boss e che rappresentavano altrettanti simboli del loro potere, costruito con la violenza, il sangue, i soprusi, fino all'intervento dello Stato. La vendita di quei beni significherà una cosa soltanto: che lo Stato si arrende di fronte alle difficoltà del loro pieno ed effettivo riutilizzo sociale, come prevede la legge. E il ritorno di quei beni nelle disponibilità dei clan a cui erano stati sottratti, grazie al lavoro delle forze dell'ordine e della magistratura, avrà un effetto dirompente sulla stessa credibilità delle istituzioni. Per queste ragioni chiediamo al governo e al Parlamento di ripensarci e di ritirare l'emendamento sulla vendita dei beni confiscati. Si rafforzi, piuttosto, l'azione di chi indaga per individuare le ricchezze dei clan. S'introducano norme che facilitano il riutilizzo sociale dei beni e venga data concreta attuazione alla norma che stabilisce la confisca di beni ai corrotti. E vengano destinate innanzitutto ai familiari delle vittime di mafia e ai testimoni di giustizia i soldi e le risorse finanziarie sottratte alle mafie. Ma non vendiamo quei beni confiscati che rappresentano il segno del riscatto di un'Italia civile, onesta e coraggiosa. Perché quei beni sono davvero tutti “cosa nostra”.

FIRMA L'APPELLO

(20 novembre 2009)

1 commento: