"Lasciate che chi non ha voglia di combattere se ne vada. Dategli dei soldi perche' acceleri la sua partenza, dato che non intendiamo morire in compagnia di quell'uomo. Non vogliamo morire con nessuno ch'abbia paura di morir con NOi!"
Enrico V-William Shakespeare

venerdì 4 dicembre 2009

Da destra con furore

A Torino si processa il governo. Il giorno dello show di Spatuzza: Graviano mi parlò di quello di Canale 5


Ho fatto parte dagli anni Ottanta al Duemila di un'associazione terroristico-mafiosa denominata Cosa nostra. Dico terroristica per quello che mi consta personalmente, perché dopo gli attentati di via D'Amelio e Capaci, ci siamo spinti oltre, come l’attentato al dottor Costanzo (Maurizio ndr). Quando avvenne Capaci, via D'Amelio abbiamo gioito. Quelle sono stragi che ci appartengono. Mentre l'attentato di Firenze non ci appartiene». Nell'aula bunker del palazzo di giustizia di Torino è iniziato il processo di «debutto» del pentito Gaspare Spatuzza. L'ex fedelissimo dei boss palermitani Giuseppe e Filippo Graviano oggi è comparso per la prima volta in un pubblico dibattimento: quello a carico del senatore del Pdl Marcello Dell'Utri, sotto processo, in appello, per concorso in associazione mafiosa, dopo una condanna a 9 anni in primo grado. A sentire la verità del killer di Brancaccio, giunto ai vertici del mandamento, è la seconda sezione della corte d'appello di Palermo presieduta da Claudio Dall'Acqua, per motivi di sicurezza in trasferta nel capoluogo piemontese. Una testimonianza carica di attese quella di Spatuzza: all'udienza sono stati accreditati oltre 200 giornalisti italiani e di diversi paesi europei.

Berlusconi, “quello di Canale 5” - «Nell’87 Giuseppe Graviano mi disse che dovevamo sostenere i candidati socialisti alle elezioni. All’epoca il capolista era Claudio Martelli - ha spiegato il pentito - a Brancaccio facemmo di tutto per farli eleggere e i risultati si videro: facemmo bingo». Spatuzza, nella sua deposizione, ha fatto anche riferimento al presidente del Consiglio: «Graviano mi fece il nome di Berlusconi, quello di Canale 5, e di Dell'Utri, e mi disse che grazie alla serietà di queste persone, che avevano portato avanti questa storia, che non erano come quei quattro 'crasti' socialisti che avevano preso i voti dell’88 e ’89 e poi ci avevano fatto la guerra, avevamo chiuso tutto e che avevamo il Paese nelle nostre mani».
Gli attentati - Spatuzza racconta che prima degli attentati del '93 (a Roma nella Chiesa di San Giovanni in Laterano, al Verano e a Milano ai giardini di via Palestro) imbucò cinque lettere, alcune delle quali indirizzate a testate giornalistiche. «Queste lettere - prosegue - provenivano dal boss Giuseppe Graviano. Il fatto che prima di fare un attentato mi dicessero di informare qualcuno con delle lettere è un'anomalia che mi ha fatto capire che c'era qualcosa sul versante politico». Nell'incontro di fine '93 a Campo Felice di Roccella con Graviano, Spatuzza - stando al suo racconto - riceve l'ordine di compiere un attentato «in cui moriranno un bel po' di carabinieri». Il fallito attentato allo stadio Olimpico «doveva essere il colpo di grazia» afferma Spatuzza. E poi: «Dissi a Graviano che ci stavamo portando un po' di morti che non ci appartenevano, ma lui mi disse che era bene che ci portassimo dietro questi morti, così "chi si deve muovere si dà una mossa"». Spatuzza spiega: «Vigliaccatamente (così nella deposizione, ndr) Cosa Nostra ha gioito per Capaci e via D'Amelio. Perché erano i principali nemici nostri. Capaci ci appartiene, via D'Amelio ci appartiene - afferma - ma tutto il resto non ci appartiene». Come fallì l'attentato all'Olimpico? «Io e Benigno (altro mafioso, ndr) eravamo a Monte Mario. Benigno dà l'impulso al telecomando ma non funziona e l'attentato non avviene. Poi quando i carabinieri si erano già distanziati io gli dissi di fermarsi, di non dare più l'impulso. Scendiamo con la moto, ma l'attentato in sostanza era fallito».

BERLUSCONI - Poi Spatuzza afferma: «Nel '94 incontrai Giuseppe Graviano in un bar in Via Veneto, aveva un atteggiamento gioioso, ci siamo seduti e disse che avevamo chiuso tutto e ottenuto quello che cercavamo grazie alla serietà delle persone che avevano portato avanti quella storia e non come quei quattro "crasti" socialisti che avevano preso i voti nel 1988 e 1989 e poi ci avevano fatto la guerra. Mi vennero fatti due nomi tra cui quello di Berlusconi. Io chiesi se era quello di Canale 5 e mi disse: sì. C'era pure un altro nostro paesano. Graviano disse che grazie alla serietà di queste persone ci avevano messo il paese nelle mani». Successivamente Spatuzza si trovò nel carcere di Tolmezzo con Filippo Graviano: «Nel 2004 lui stava malissimo, io gli parlavo dei nostri figli, di non fargli fare la nostra fine... ho avuto la sensazione che stava crollando. Mi disse di far sapere a suo fratello Giuseppe che se non arrivava qualcosa da dove doveva arrivare, allora bisognava parlare ai magistrati». Il pm chiede spiegazioni sulla frase «da dove doveva arrivare» e qui Spatuzza ritorna al riferimento di Berlusconi e Dell'Utri. «I timori di parlare del presidente del Consiglio erano e sono tanti - continua Spatuzza. - Basta vedere che quando ho cominciato a rendere i colloqui investigativi con i pm mi trovavo Berlusconi primo ministro e come ministro della Giustizia uno che consideravo un 'vice' del primo ministro e di Marcello Dell'Utri».


Spatuzza ha deciso di parlare del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e del senatore Marcello Dell'Utri soltanto nel giugno del 2009, cioè un anno dopo l'inizio della sua collaborazione perchè «non volevo apparire come qualcuno che usava soggetti della politica per essere acquisito come collaboratore di giustizia e per non dare adito a qualche 'male linguaccia’ che poteva sostenere che pur di accrediarmi tiravo in ballo politici». Lo ha detto lo stesso pentito rispondendo alle domande della difesa del senatore Marcello Dell'Utri nel processo in cui il politico è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. «Io non ho chiesto niente allo Stato - ha proseguito Spatuzza - Nel giugno 2009 davanti ai magistrati di Firenze, era venuto il momento di svelare alcuni omissis a cui mi ero riservato in precedenza». È stata in quell'occasione che il collaboratore ha parlato di Berlusconi e Dell'Utri. «Prima di quella data -ha detto- non avevo mai fatto i nomi dei politici, avevo solo seminato indizi, come quello sulla Standa. Ho legato i nomi di Dell'Utri alla questione dei cartelloni pubblicitari, non ho detto che era coinvolto nelle stragi di mafia, altrimenti non era più un omissis».

Dissociazione da Cosa Nostra - Il pentito ripercorre poi la scelta di dissociarsi da Cosa Nostra. «Nel 2000 ho iniziato un bellissimo percorso di istruzione e isolamento». Il pentito ricorda «il cappellano del carcere di Ascoli Piceno, padre Pietro Capoccia» come l'incontro chiave della sua svolta che gli trasmise «l'amore per le sacre scritture». «Mi trovai di fronte al bivio di essere o uomo di Dio o mammone: ho deciso di amare Dio» afferma Spatuzza che poi indica nel procuratore antimafia Pietro Grasso la persona che ha dato un contributo fondamentale alla sua decisione definitiva di collaborare con la giustizia «nel marzo 2006». «Non sono qui per barattare le mie parole, sarei un vigliacco - aggiunge - lo Stato sa cosa deve fare della mia persona. La mia missione è restituire verità alla storia e non mi fermerò di fronte a niente. Se ho messo la mia vita nelle mani del male, perché non la devo perdere per il bene?».

Dell'Utri: «La mafia ha l'interesse a buttare giù un governo che sta lottando contro la mafia», ha detto il senatore, presente in aula. "Non ci sono mai stati incontri con i Graviano, non li conosco, non ho mai saputo addirittura chi sono", ha detto ancora. Al giornalista che domandava se conoscesse Provenzano, Dell’Utri ha aggiunto: "Ma sta scherzando? Io non conosco nessuno, conoscevo Vittorio Mangano. Qualcuno dice che mi ha mandato bigliettini, che lo ho incontrato, sono cose assurde, è un teatrino, perchè teatro sarebbe troppo". Quanto alle dichiarazioni di Massimo Ciancimino, il senatore ha detto: "Non me le spiego, mi fanno ridere".

Il processo di Torino: La difesa del senatore Marcello Dell'Utri ha aperto chiedendo la revoca dell'ordinanza con cui la corte ha ammesso la deposizione del pentito Gaspare Spatuzza. La richiesta è stata avanzata dall'avvocato Alessandro Sammarco che ha sottolineato: «Poichè questa deposizione riguarda tutte altre vicende inserite in un contesto vorremmo che la Corte revocasse la propria ordinanza di ammissione della testimonianza. Se Spatuzza dicesse cose in contrasto con il passato andrebbero verificate. Questa anomalia - ha proseguito il legale - porta ad una grave incostituzionalità: si perde un grado di giudizio, affrontiamo un nuovo giudizio di primo grado ma in appello, tutta la difesa di primo grado viene amputata e abbiamo perso anche le indagini preliminari».

La difesa: Spatuzza è inattendibile- La Corte non ha preso visione, ancora, delle dichiarazioni del pentito. Ma per la difesa, che ne ha preso visione, il pentito non è attendibile. «Ciò che è successo in questo processo - ha detto il legale - ha messo in evidenza una grave forma di incostituzionalità nello schema del procedimento così come previsto dalla legge. È palese che la norma che prevede la rinnovazione parziale del dibattimento violi l'articolo 111 della Costituzione sul giusto processo, l'art. 3 sul principio di uguaglianza e l'art. 24 sul diritto di difesa».

La conclusione: proponiamo anche di consentire di acquisire i verbali per consentire la discussione formale e totale di tutte le dichiarazioni di Spatuzza fin qui depositatei, per far capire tutte le manipolazioni della verità. Fermo restando la richiesta di revoca.


Fonte : Libero-news.it Oggi: 04/12/2009

L'11 Dicembre saranno ascoltati dai Giudici i tre boss di Cosa Nostra, che ebbero contatti con i politici, Giuseppe e Filippo Graviano e Cosimo Lo Nigro,, i tre dovranno riferire sulle dichiarazioni di Spatuzza. La tranquillità ostentata da SB. mi lascia supporre che i tre smentiranno quanto detto dal pentito, mandato in avanguardia a riferire per "sentito dire", come fosse un avvertimento ai politici per ottenere ciò che da sempre la Mafia richiede, cioè la completa abolizione del 41bis, già ampiamente modificato da questa maggioranza per favorire lo spostamento dal carcere duro a quello normale, ed ora si profila l'approvazione della legge sul sequestro dei beni ai mafiosi che possono essere venduti.

2 commenti:

  1. Hai ragione Francy il ragazzo è tranquillo niente lo scompone riuscirà anche a far passare la legge della vendita dei beni comnfiscati alla mafia non preoccuparti devono far cassa
    non si vergognano di niente e nessuno

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  2. Fosse solo per far cassa Vanda, ma con quell'articolo vogliono restituire i beni confiscati agli "amici degli amici".
    Miserabili!!

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