"Lasciate che chi non ha voglia di combattere se ne vada. Dategli dei soldi perche' acceleri la sua partenza, dato che non intendiamo morire in compagnia di quell'uomo. Non vogliamo morire con nessuno ch'abbia paura di morir con NOi!"
Enrico V-William Shakespeare

martedì 9 marzo 2010

Legittimo?


9/3/2010 (11:20) - DOPO IL VIA LIBERA ALLA CAMERA
Fiducia sul legittimo impedimento
Il presidente del Senato Renato Schifani
MULTIMEDIA

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La diretta video della seduta del Senato

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ROMA
Il governo chiede il voto di fiducia sul ddl per il legittimo impedimento, ora all’esame del Senato. E il centrosinistra insorge, chiedendo la presenza di Berlusconi in Aula. «Visto che è lui il diretto beneficiario di questa norma - osserva il capogruppo dell’Idv al Senato Felice Belisario - venga in Aula durante il voto e ci metta la faccia!».

In un clima già incandescente per via del decreto ’salva-listè bocciato ieri dal Tar del Lazio, governo e maggioranza «alzano il tiro», come si commenta nel Pd, per approvare il più in fretta possibile il testo di legge che trasformerà gli impegni istituzionali del premier e dei suoi ministri in legittimi impedimenti a partecipare alle udienze dei processi che li riguardano. Il centrosinistra, che da venerdì aveva presentato circa 1.700 emendamenti al ddl, ribadisce in mattinata che contro il provvedimento sarebbe stata fatta «un’opposizione intransigente». Anche come segno di protesta per il ’salva-listè. In più, il presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro chiede che gli eventuali interventi in dissenso dei senatori del suo gruppo non vengano conteggiati nel computo complessivo del tempo assegnato ai Democratici (2 ore e 21 minuti). Ma l’istanza è respinta dal centrodestra.

Sulle prime, il presidente del Senato Renato Schifani fa ben sperare l’opposizione dicendo che lui stesso sarebbe stato il «garante di un dibattito approfondito» e che «il diritto di parola in Aula è sacro». Ma poi, dopo la bocciatura delle cinque questioni pregiudiziali presentate dal centrosinistra, a Palazzo Madama, comincia a circolare con una certa insistenza la voce di un possibile ricorso al voto di fiducia. E l’ipotesi provoca ulteriore gelo tra i poli. La tensione culmina quando entra in Aula Elio Vito. È quasi sempre lui, infatti, in qualità di ministro per i Rapporti con il Parlamento, a chiedere la fiducia sui vari progetti di legge da parte del governo. Non appena si alza e accende il microfono, senatori del Pd e dell’Idv cominciano a protestare, urlando e gesticolando. Schifani li lascia fare per un pò. Poi, con aria seccata, li riprende: «Basta! Vi siete sfogati? Adesso basta!». E ridà così la parola a Vito che può rendere ufficiale ciò che tutti ormai si aspettano: «Il governo mi autorizza a chiedere la fiducia...». Dai banchi del centrosinistra partono cori di «buuh!» e critiche alla maggioranza. Schifani sospende la seduta e convoca subito la conferenza dei capigruppo. Durante la riunione, Finocchiaro, Belisario e il presidente del gruppo Udc Giampiero D’Alia chiedono che Berlusconi sia presente in Aula al momento del voto. «Che almeno ci metta la faccia!» urla Belisario. Vito assicura che avrebbe inoltrato la richiesta al Cavaliere e che avrebbe dato la risposta alla ripresa dei lavori dell’Aula.

Ma alla ripresa, Vito non c’è. E così Finocchiaro, D’Alia e Belisario avvertono che l’opposizione non avrebbe continuato la discussione generale senza una risposta chiara da Palazzo Grazioli. Chiedere la fiducia è già «un’anomalia», osserva Finocchiaro, visto che si tratta di un testo di natura parlamentare e che non fa parte del programma di governo. Che almeno il premier venga a spiegarcela, è la sua richiesta. A Schifani non resta altro che rinviare la seduta a domani mattina alle 9.30. Udc e Idv chiedono anche la diretta Tv, ma su questo il Pd è scettico perchè l’appuntamento con le telecamere implica un accordo sui tempi di chiusura dei lavori. E una speranza che alla fine il voto slitti, c’è sempre.

«È giusto tutelare il diritto di critica della minoranza - replica il capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri - ma va tutelato anche quello della maggioranza di arrivare ad una decisione». «La Lega - taglia corto il capogruppo Federico Bricolo - si chiama fuori dalle liti da Palazzo. Non ci interessano, le lasciamo volentieri agli altri...».
La Stampa

3 commenti:

  1. Siamo al capolinea, ormai i sondaggi li danno perdenti e mirano alla rivoluzione!

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  2. :DDD.. Vanda, Ti raccomando non bere se prima non arrivo io.. ci ubriacheremo insieme :DDDDD

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