"Lasciate che chi non ha voglia di combattere se ne vada. Dategli dei soldi perche' acceleri la sua partenza, dato che non intendiamo morire in compagnia di quell'uomo. Non vogliamo morire con nessuno ch'abbia paura di morir con NOi!"
Enrico V-William Shakespeare

martedì 9 marzo 2010

Tutti intorno al Presidente

FIRMA SOTTO SCACCO

Salva-liste, sul via libera di Napolitano ombre e minacce di B.
Il Colle: gli italiani credono nella Costituzione al di là delle differenze
di Alessandro Ferrucci

Isolato, avvilito. Provato. Ma quelle che potrebbero essere (solo) suggestioni di chi gli sta attorno da anni, lo segue, gli strappa le rare confidenze, hanno una base solida: gli ultimi quattro giorni, per Giorgio Napolitano, sono stati i più duri da quando è stato eletto, il 10 maggio del 2006. Telefonate, colloqui, confronti, consigli. E ancora mediazioni, rotture, fratture e ricomposizioni.
Toni alti, aspri, addirittura minacciosi da parte di Silvio Berlusconi verso il capo dello Stato: “Tra noi due, sono io quello eletto dal popolo. E se ti metti di traverso, vado avanti anche senza di te. Sei finito”,
(sarebbe stato lo sfogo del premier, giovedì sera, ancora non smentito).
Così assumono un sapore differente anche le parole pronunciate ieri durante i festeggiamenti dell’ “8 marzo”, al Quirinale: “Al di là di ogni differenza di modi di pensare e di posizioni politiche, profonda è tra le italiane e gli italiani la condivisione del patrimonio di valori e principi che si racchiude nella Costituzione repubblicana, a coronamento di una lunga e travagliata esperienza storica”.
Travagliata. Come a dire: è stata dura, è dura, ma sono io il garante della Costituzione, gli italiani si rispecchiano in essa, quindi io li rappresento. Anche se non sono stato eletto direttamente. Eppure, da quando è stata apposta la firma sul decreto legge, venerdì sera, in molti non capiscono il ruolo e la strategia del presidente.
Cosa è realmente accaduto nelle stanze del Quirinale?
Partiamo da giovedì.
Napolitano è ancora in visita a Bruxelles, un appuntamento politico nato male, visti gli inevitabili diktat diplomatici posti dal Colle per evitare un incontro tra lo stesso presidente e l’ambasciatore Siggia, al centro delle intercettazioni sull’elezione dell’ex senatore Di Girolamo. Sono le 17:40, manca poco alla partenza, direzione Roma. Dalla Capitale giungono voci di un accordo imminente con il Colle per un decreto legge; Berlusconi ha già fissato il Consiglio dei ministri per le 22 della sera stessa. L’arrivo del volo è previsto alle 20. Una mezz’ora di tempo dall’aeroporto al centro di Roma e al capo dello Stato resta giusto il tempo di salutare gli esponenti del governo, scambiare due convenevoli.
E firmare, tutto, comunque. È l’idea di Berlusconi. Eppure Napolitano, prima di salire sulla scaletta dell’aereo, dichiara: “'Ancora non c’è nulla di definito, in alcun modo. Quando arriverò a Roma stasera, vedrò”. E a chi gli chiede se è possibile una soluzione politica, replica: “Se qualcuno mi spiega cos’è, e da parte di chi e su che cosa, la esaminerò”. Atterra, si attacca al cellulare, scambia due impressioni con gli uomini più fidati.
Lo descrivono come nervoso, il trattamento da passa carte non lo apprezza. Salgono al Quirinale il presidente del Consiglio, l’immancabile Gianni Letta, Ignazio La Russa, Roberto Maroni e Roberto Calderoli.
La discussione non è facile. Lo stesso Letta indossa un “guanto sempre più spesso l'artiglio di ferro”, come ha scritto Eugenio Scalfari su Repubblica. Anche lui è deciso a ottenere il bottino, tutto e subito. Si frena solo quando vede Berlusconi alzare troppo i toni, minacciare, come hanno rivelato : Bruno Vespa su il Mattino e Marzio Breda su il Corriere della Sera. Per quest’ultimo, Napolitano sarebbe andato vicino a cacciare i suoi “ospiti”. Ma niente firma.
Venerdì. Libero titola: “Ponzio Napolitano” e parla di Don Abbondio. Ponzio Pilato, secondo i vangeli, ordinò la crecifissione di Gesù. La Russa conferma il “siamo pronti a tutto”; il Giornale parla di “clima da guerra civile” e descrive Palazzo Grazioli come “una sorta di gabinetto, di guerra”. Il capo dello Stato ribadisce l’esigenza di rispettare le regole. Mentre gli uffici del Quirinale mantengono i contatti con Palazzo Chigi e con il Viminale, per studiare i precedenti. Si inizia a parlare di “decreto interpretativo”. I toni si abbassano, scatta l’apnea.
Berlusconi fa sapere al Colle di essere pronto a parlare agli italiani al Tg1 delle venti, in zona Minzolini, nel caso di una mancata firma. Non serve, i segnali di ritorno sono positivi. A un patto: nessuna dichiarazione. Napolitano dà l’ok. A Palazzo Grazioli si esulta, le opposizioni si dividono su come reagire.
Sabato. Il giorno delle domande, in parte, ancora irrisolte. Delle prime manifestazioni, delle prime analisi sulla costituzionalità, delle dichiarazioni politiche e delle valutazioni sulla decisione del presidente. Si parla ancora delle minacce del giovedì, di un clima inedito per le stanze del Quirinale. Il presidente convoca i suoi e fa selezionare due delle lettere giunte sul sito istituzionale. A queste risponde. “Erano in gioco due interessi o ‘beni’ entrambi meritevoli di tutela: il rispetto delle norme e delle procedure previste dalla legge e il diritto dei cittadini di scegliere col voto tra programmi e schieramenti alternativi”. Per poi ammettere: “La vicenda è stata molto spinosa, fonte di gravi contrasti e divisioni, e ha messo in evidenza l’acuirsi non solo di tensioni politiche, ma di serie tensioni istituzionali. È bene che tutti se ne rendano conto”. Quindi concludere: “Un effettivo senso di responsabilità dovrebbe consigliare a tutti i soggetti politici e istituzionali di non rivolgersi al capo dello Stato con aspettative e pretese improprie, e a chi governa di rispettarne costantemente le funzioni e i poteri”. Rispetto dei ruoli. Ci tiene a ribadirlo. Garante della Costituzione, lo sottolinea ieri.
Restano in piedi tanti punti interrogativi, a partire da tutto ciò che ha detto Berlusconi nella sera di giovedì.


Se tutto ciò verrà confermato è un fatto di una gravità enorme, il Presidente della Repubblica oltre a salvaguardare la Costituzione si trova a dovere salvaguardare il Popolo, inteso come tutti i cittadini d'Italia. E' noto che la parte marcia dell'Italia è molto bene armata e pronta a dare man forte a questa corrente politica, che spesso minaccia il "siamo pronti a tutto". Non vorrei essere per nulla al mondo nei panni del Nostro Presidente della Repubblica, che in effetti ieri nel Suo discorso alle donne ha parlato a uomini e donne invitandoli ad appropriarsi della loro dignità senza per questo palesare atti di coraggio. Non l'avevo capito.. ora si!
C'è una cosa che forse al Presidente della Repubblica sfugge, se è vero che non è eletto dal popolo è altrettanto vero che non c'è italiano che non porti rispetto a questa carica istituzionale senza riserve, verso il Capo dello Stato gli italiani hanno sempre avuto e hanno il massimo rispetto come verso nessun'altra carica istituzionale.
Presidente i miei Auguri e personalmente ora capisco la Sua posizione.

3 commenti:

  1. Ora capisco anch'io, che mi sono arrabbiata quando ho saputo della firma.
    Non dobbiamo dimenticare che al governo c'è gente corrotta, spietata e disposta a tutto( parole di fascista,la russa docet).. ed il Presidente della Repubblica deve equilibrare e soprattutto salvaguardare il popolo.
    Francy, un "italiano" che non rispetta la figura del Capo dello Stato c'è e.. non è il solo .. sappiamo tutti chi è e perchè.
    E non è solo il Capo dello Stato che non si rispetta.. tutte le istituzioni sono "carta straccia" a partire dal parlamento che è continuamente "svuotato".
    LO SI DEVE FERMARE,ATTRAVERSO IL VOTO, PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI.
    Pertanto damoce da fààààààà!!!!

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  2. Miryam,
    hai ragione, ma io mi riferivo al popolo esclusi i politici. La mia paura per le elezione è sia tanto che vinca sia che perda.. non so cosa succederà ma ho come il timore che qualcosa di brutto avverrà, il peggio deve ancora venire :((

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  3. Francy, ho sentito in diretta la conferenza stampa è sempre più incattivito
    Non mi piace il tono di voce. Speriamo bene.

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