di
ELEONORA BIANCHINI
ELEONORA BIANCHINI
Parla Omar, professionista libica fuggito dal suo paese giovedì scorso. In Italia è arrivato dal Cairo. A ilfattoquotidiano.it racconta l'orrore della repressione ordinata dal rais e che non risparmia nemmeno donne e bambini
“Nonostante i bombardamenti, Gheddafi non prenderà mai Bengasi. Lui è un uomo finito”. Omar (nome di fantasia) è un libero professionista libico. In Italia ci è arrivato giovedì. E’ partito dal Cairo dopo l’inizio dei bombardamenti a Ajdabiyah, città a 160 chilometri da Bengasi. “Siamo partiti in 14 su minibus privati diretti verso il confine egiziano che oggi, con tutta probabilità, è chiuso. Alcuni di noi, tra cui anche donne e bambini, sono rimasti in Egitto, altri sono venuti in Italia o si sono diretti a Beirut. Le milizie non controllavano la frontiera e gli egiziani hanno aiutato i profughi libici facilitando le pratiche burocratiche dei passaporti. C’erano molti volontari disposti a darci una mano”.
Omar era in Libia sin dall’inizio della rivoluzione, ma due giorni fa ha deciso di partire prima che la situazione degenerasse anche a Bengasi, come è accaduto nelle ultime ore. Spiega che l’informazione dei media occidentali è stata carente, che non hanno fornito una copertura esauriente di quanto accadeva a Tripoli. “I giornalisti hanno fatto un uso massiccio delle notizie diramate da Jana, l’agenzia governativa. Certo, è stata data voce anche a denunce e al massacro dei civili, ma le fonti più attendibili erano le forze di opposizione. Non sono d’accordo con chi li chiama ribelli o insorti. Sono soltanto oppositori del regime”. Gheddafi, che Omar definisce “un pazzo visionario, un megalomane che vuole spargere sangue per entrare nella storia”, ha sottoposto il suo popolo a violenze e repressioni durissime. “Da est a ovest del paese ci sono stati rastrellamenti sistematici casa per casa. I primi sono stati a Tripoli dopo il 17 febbraio, giorno della manifestazione ufficiale a Bengasi contro il governo. La Cirenaica è sempre stata contro la dittatura, e per quello è la regione meno sviluppata, senza infrastrutture. Hanno preso tanti giovani, soprattutto attivisti politici. Molti sono spariti, i corpi occultati, e chi è tornato a casa ha dovuto firmare dichiarazioni di fedeltà al regime”.
Gheddafi, che ha definito i suoi concittadini “topi, ratti da stanare”, ha fatto ampio uso di mercenari provenienti principalmente da Niger, Ciad, Algeria, Mauriotania, Gabon e Ghana integrati anche nell’esercito e addestrati per sparare ad altezza d’uomo. “Erano pronti da dieci anni a intervenire”, prosegue Omar. “Gheddafi aveva intessuto rapporti politico-commerciali con i paesi dell’Africa subsahariana da cui ha ingaggiato migliaia di uomini per la sua incolumità. E, oltre a loro, in queste ore ha attaccato Bengasi: un amico mi ha riferito che la sua casa è stata colpita, che i morti nell’ospedale sono oltre 50 e i feriti centinaia. Stamattina hanno bombardato la Croce Rossa e lo stadio, le comunicazioni via cellulare sono possibili soltanto attraverso il satellitare o la connessione a internet via parabola. A Misurata hanno tagliato anche l’acqua e la luce da giorni. Molti civili hanno le case dotate di scantinati che utilizzano come rifugi durante i bombardamenti”.
Nelle ultime settimane i media parlavano di gruppi a sostegno di Gheddafi che erano disposti a difenderlo anche con le armi. “E’ tutto fasullo, nessuno lo vuole più alla guida del paese. Sono gli uomini dei suoi apparati quelli che avete visto sui giornali vestiti in abiti civili, gli orfani indottrinati dal regime”. Omar è convinto che con l’intervento internazionale queste siano le ultime ore per il leader che, tuttavia, non è intenzionato ad arrendersi. Il popolo libico è però deluso dal tardivo intervento occidentale, che avrebbe dovuto attaccare già la settimana scorsa, e al temporeggiamento di Berlusconi. “Non c’è odio nei confronti degli italiani, anzi. Ma avremmo preferito parole più nette sin dall’indizio al posto dell’intenzione dichiarata di non interferire, che si è tramutata in indifferenza. Spero che lo prendano vivo, deve essere processato. Troppo comodo se muore”. Il ringraziamento di Omar va ai popoli maghrebini di Tunisia ed Egitto, i primi a insorgere: “Se Ben Ali e Mubarak fossero ancora al potere – conclude Omar – in Libia non sarebbe successo nulla. Tutti volevamo che Gheddafi se ne andasse eppure, in mancanza di alternativa, speravamo che suo figlio Saif Al-Islam ci facesse transitare verso la democrazia. Ma si è rivelato peggiore del padre, meglio averlo saputo prima”.
“Nonostante i bombardamenti, Gheddafi non prenderà mai Bengasi. Lui è un uomo finito”. Omar (nome di fantasia) è un libero professionista libico. In Italia ci è arrivato giovedì. E’ partito dal Cairo dopo l’inizio dei bombardamenti a Ajdabiyah, città a 160 chilometri da Bengasi. “Siamo partiti in 14 su minibus privati diretti verso il confine egiziano che oggi, con tutta probabilità, è chiuso. Alcuni di noi, tra cui anche donne e bambini, sono rimasti in Egitto, altri sono venuti in Italia o si sono diretti a Beirut. Le milizie non controllavano la frontiera e gli egiziani hanno aiutato i profughi libici facilitando le pratiche burocratiche dei passaporti. C’erano molti volontari disposti a darci una mano”.
Omar era in Libia sin dall’inizio della rivoluzione, ma due giorni fa ha deciso di partire prima che la situazione degenerasse anche a Bengasi, come è accaduto nelle ultime ore. Spiega che l’informazione dei media occidentali è stata carente, che non hanno fornito una copertura esauriente di quanto accadeva a Tripoli. “I giornalisti hanno fatto un uso massiccio delle notizie diramate da Jana, l’agenzia governativa. Certo, è stata data voce anche a denunce e al massacro dei civili, ma le fonti più attendibili erano le forze di opposizione. Non sono d’accordo con chi li chiama ribelli o insorti. Sono soltanto oppositori del regime”. Gheddafi, che Omar definisce “un pazzo visionario, un megalomane che vuole spargere sangue per entrare nella storia”, ha sottoposto il suo popolo a violenze e repressioni durissime. “Da est a ovest del paese ci sono stati rastrellamenti sistematici casa per casa. I primi sono stati a Tripoli dopo il 17 febbraio, giorno della manifestazione ufficiale a Bengasi contro il governo. La Cirenaica è sempre stata contro la dittatura, e per quello è la regione meno sviluppata, senza infrastrutture. Hanno preso tanti giovani, soprattutto attivisti politici. Molti sono spariti, i corpi occultati, e chi è tornato a casa ha dovuto firmare dichiarazioni di fedeltà al regime”.
Gheddafi, che ha definito i suoi concittadini “topi, ratti da stanare”, ha fatto ampio uso di mercenari provenienti principalmente da Niger, Ciad, Algeria, Mauriotania, Gabon e Ghana integrati anche nell’esercito e addestrati per sparare ad altezza d’uomo. “Erano pronti da dieci anni a intervenire”, prosegue Omar. “Gheddafi aveva intessuto rapporti politico-commerciali con i paesi dell’Africa subsahariana da cui ha ingaggiato migliaia di uomini per la sua incolumità. E, oltre a loro, in queste ore ha attaccato Bengasi: un amico mi ha riferito che la sua casa è stata colpita, che i morti nell’ospedale sono oltre 50 e i feriti centinaia. Stamattina hanno bombardato la Croce Rossa e lo stadio, le comunicazioni via cellulare sono possibili soltanto attraverso il satellitare o la connessione a internet via parabola. A Misurata hanno tagliato anche l’acqua e la luce da giorni. Molti civili hanno le case dotate di scantinati che utilizzano come rifugi durante i bombardamenti”.
Nelle ultime settimane i media parlavano di gruppi a sostegno di Gheddafi che erano disposti a difenderlo anche con le armi. “E’ tutto fasullo, nessuno lo vuole più alla guida del paese. Sono gli uomini dei suoi apparati quelli che avete visto sui giornali vestiti in abiti civili, gli orfani indottrinati dal regime”. Omar è convinto che con l’intervento internazionale queste siano le ultime ore per il leader che, tuttavia, non è intenzionato ad arrendersi. Il popolo libico è però deluso dal tardivo intervento occidentale, che avrebbe dovuto attaccare già la settimana scorsa, e al temporeggiamento di Berlusconi. “Non c’è odio nei confronti degli italiani, anzi. Ma avremmo preferito parole più nette sin dall’indizio al posto dell’intenzione dichiarata di non interferire, che si è tramutata in indifferenza. Spero che lo prendano vivo, deve essere processato. Troppo comodo se muore”. Il ringraziamento di Omar va ai popoli maghrebini di Tunisia ed Egitto, i primi a insorgere: “Se Ben Ali e Mubarak fossero ancora al potere – conclude Omar – in Libia non sarebbe successo nulla. Tutti volevamo che Gheddafi se ne andasse eppure, in mancanza di alternativa, speravamo che suo figlio Saif Al-Islam ci facesse transitare verso la democrazia. Ma si è rivelato peggiore del padre, meglio averlo saputo prima”.
Sono d'accordo con Omar.
Gheddafi va preso vivo. Lo spero ardentemente fin da ieri, ho la vaga impressione che anche per B. sarebbe la fine. La sua faccia davanti alla decisione dell'attacco al suo caro amico dittatore, mi fa intuire che ha la coda di paglia.
Chissà cosa salterebbe fuori da un Gheddafi in tribunale.... Altro che Ruby!
Credo sia arrivata l'ora di cacciare tutti i dittatori e chi li ha sostenuti ...vedi il nostro puttaniere
RispondiEliminaSe le cose stannno come veramente dice Omar, il colonnello dovrebbe avere le ore contate. Dice che Gheddafi non ha più sostenitori nel popolo.
RispondiEliminaMi auguro sia veramente così, questo significa un conflitto di breve durata e niente guerra civile. Incrociamo le dita.
Ciaoooooooooo !
Valerio,
RispondiEliminaconcordo,ma sarà dura. Un dittatore è tale se il popolo lo vuole.
Non ne ha infatti sostenittori, tranne quelli che accanto a lui campano bene. Come da noi.
RispondiEliminaColoro che combattono per Gheddafi sono in maggioranza mercenari.
Speriamo Adamus che non duri molto. Il mio tragico sospetto è che Gheddafi, a differenza della prima volta, resiste. Ciò significa che si è ben rifornito di armi nel corso degli anni.
Ciaoooooo