lunedì 22 marzo 2010
Un guitto senza guizzo
di Marco Travaglio
Gli unici milioni veri, in piazza San Giovanni, sono Alfredo Milioni e i suoi cari, giunti peraltro sul posto con venti minuti di ritardo a causa dei giudici comunisti col ritratto di Che Guevara. Per il resto, la ripresa aerea ha fatto giustizia delle cifre sparate dal ballista di Arcore e dai suoi turiferari: poche decine di migliaia di persone, oltretutto recintate da ogni lato per sembrare di più. Una pena. Lui, poi, una noia mortale.
Il Grande Comunicatore pare il vecchio guitto di Alberto Sordi nel finale di “Polvere di stelle”, costretto a mendicare particine in teatri di periferia e a riesumare vecchie gag di repertorio per strappare pallidi sorrisi di circostanza e commiserazione.
Nemmeno le menzogne gli riescono più come una volta: ai bei tempi le improvvisava su due piedi, nuove di pacca. Sempre balle erano, ma almeno fresche. Quelle di ieri, lette dal discorso preparato con Gianni Letta (sai che allegria), puzzavano di muffa. Già sentite mille volte. Il modernariato della balla. Il comunismo, le toghe rosse, lo spionaggio, lo Stato di polizia, il regime delle sinistre, l’oppressione fiscale di Prodi, l’Amore che vince sull’odio.
Mancava solo l’eroe Mangano.
Mai un guizzo, una trovata, uno slogan che funzionasse. Sul palco, quello sì affollatissimo all’inverosimile, età media settant’anni, un grande sferragliare di dentiere, cateteri e cinti erniari, oltre a smodati quantitativi di silicone e botox ben oltre i limiti fissati dall’Unione europea. Tant’è che i pochi candidati sotto i 50 vengono presentati dall’attempato gagà brianzolo come “ragazzi”. A un certo punto riesuma addirittura il discorso della discesa in campo del ‘94 (“America’, facce Tarzan!”), omettendo ovviamente le frasi contro la prima Repubblica e in difesa di Mani Pulite: “La vecchia classe politica è stata travolta dai fatti e superata dai tempi. L’autoaffondamento dei vecchi governanti, schiacciati dal peso del debito pubblico e dal sistema del finanziamento illegale dei partiti, lascia il Paese impreparato e incerto nel momento difficile del rinnovamento e del passaggio a una nuova Repubblica”.
Parole che stonerebbero accanto ai cori contro Di Pietro, Santoro, toghe rosse e altri bersagli dell’odio del Partito dell’Amore.
Poi la gag del Contratto con gli italiani, stavolta recitato dai tredici aspiranti governatori presenti (Zaia, l’unico normale, non c’era), per via della mancanza della scrivania di ciliegio e del suo custode Bruno Vespa, rimasto negli studi deserti di Porta a Porta a rodersi il fegato per il black out preelettorale proprio mentre ci lascia Pietrino Vanacore.
Le domande alla folla “Volete voi…?” sono copiate dal Duce, che almeno le piazze riusciva a riempirle e non pensò mai all’inno “Meno male che Benito c’è”.
Poi “i miracoli di Bertolaso”: tre applausi. Il piano casa: due. Il crollo di furti e rapine: sguardi interrogativi.
“L’amico Cota che in Piemonte collegherà l’Atlantico al Pacifico”: occhi smarriti.
I “400 mafiosi arrestati”, tranne quelli rifugiati in Parlamento e al governo, che si toccano sul palco.
L’unico sussulto è quando arriva Bossi. Al Tappone, sempre spiritoso, dice “noi moderati”. Poi l’Umberto pronuncia una frase da leader dell’opposizione, che infatti non è mai venuta in mente a uno del Pd: “Sono uno dei pochi che non ha mai chiesto una lira a Berlusconi”. Gelo sul palco, freddo polare in piazza. Bossi tenta ancora di spiegare il misterioso concetto di “famiglia trasversale”. Che alluda al triangolo Silvio-Veronica-Patrizia? Meglio non approfondire. Lo portano via.
La gente comincia a sfollare. L’anziano guitto tenta di trattenerla con la zampata del teleimbonitore (“Ai primi cinque che chiamano per la batteria di pentole, ci mettiamo su tre padelle antiaderenti!”), improvvisata sul momento: “Nei prossimi tre anni vogliamo anche vincere il cancro”. Verrà abolito con un decreto interpretativo: basterà chiamarlo varicella. Perché l’Amore vince sempre, ma ogni tanto pareggia.
Un comizio senza neanche l'onore di un fischio dei simpatizzanti di sinistra.. che ragazzi meravigliosi , hanno capito che questi politici di destra non valgono più neanche un soffio del loro alito, concordo!
Ora ho capito perchè molti simmpatizzanti di destra, quando commentano nei vari blog, si firmano "anonimo", ottima tattica, per non dover mai dire un domani... "io simpatizzavo per lui".
D'altra parte si sa, quando un capo di governo del genere cade in disgrazia coloro che lo adoravano optano per la via di fuga. La storia insegna, nessuno in Germania e in Italia dopo la seconda guerra mondiale ebbe il coraggio di dire mai .. "io simpatizzavo per lui".
No Francy, uno c'era ed era mio suocero. Pensa che non era fascista ma ha fatto la il militare sotto la dittatura e la guerra in Albania. Quando entrò in magistratura nel 47, dove ha anche lavorato con l'ex presidente della Repubblica Scalfaro, doveva giurare fedeltà alla repubblica e lui invece, solo per una questione di principio, ha portato avanti la tesi che una persona giuridica non puo giurare due volte! hehhehe
RispondiEliminaHo trovato qualche anno fa, dopo la sua morte, tutto il carteggio fra lui e le varie corti di appello e cassazzione. Notare che puù volte ha dichiarato fedeltà alla Repubblica, ma mai giurato, proprio per il principio di cui sopra e gli è costato molto in fatto di carriera. Quello che ho voluto dire è che c'erano persone che, basandosi su principi a loro molto cari pur di difenderli ci rimettevano di persona. Oggi invece si venderebbero anche la madre
Si chiamavano "Uomini d'onore", la loro parola valeva oro per quanto pesavano, qualunque fosse la parte ideologica d'appartenenza.
RispondiEliminaOra si vende di tutto, madri e figlie, pure il gatto di casa se necessario, senza scrupoli, si chiamano "ruffiani", secondo Sciascia la specie peggiore, quella che non merita neanche di vivere.
aaaaaahhhhh.. a da venì Peppone, ma quello autentico! :))